Aprile 24

Qui e Ora Attraversando microcosmi: la mostra fotografica di Giovanni Matarazzo

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Intervista all’autore Giovanni Matarazzo:
Il progetto “Qui e ora – Attraversando microcosmi” nasce dalla riflessione su quel che sta succedendo in questi anni nella fotografia di ritratto. Se fino a pochi anni fa le foto in posa di persone erano realizzate da un terzo esterno, oggi la gran parte delle immagini sono autoprodotte, risultato di selfie per la gran parte scattati con lo smartphone. Non si possono neanche definire “autoritratti”, perché l’autoritratto, nella storia, ha una sua dignità introspettiva, laddove l’autore si pone davanti ad una macchina fotografica o a una tela con l’intento di capire qualcosa di più della sua persona.. Quindi è evidente come si stia assistendo a una deriva dei canoni estetici riguardo alla figura umana, e quel che fondamentalmente si sta perdendo è la ricchezza che lo sguardo di un altro, in questo caso di un fotografo ritrattista, ci può donare nel momento in cui ‘vede’ qualcosa di noi che prima ci sfuggiva.

Le sedute si sono svolte nell’arco di due mesi e l’unica domanda fatta dall’autore ai soggetti era: “che periodo della tua vita stai attraversando in questo momento?” 
Ognuno (maschi, femmine, giovani, anziani, di ogni provenienza sociale selezionati avendo risposto ad una call) ha ovviamente sviluppato il suo racconto, chi soffermandosi sul presente, chi riprendendo elementi del passato, chi guardando al futuro. 
Le testimonianze sono state registrate, quindi sbobinate e trascritte (quanto più fedelmente possibile), mentre una macchina fotografica su cavalletto riprendeva le persone secondo la sensibilità dell’autore.

Finita questa prima parte, l’autore e il soggetto hanno concordato una foto “posata” che potesse raccontare ciò che era successo nel momento precedente: l’autore ancora coinvolto nell’empatia con il soggetto, la persona ritratta con le emozioni (tante) scaturite durante il racconto.

Il risultato sono le storie di 15 persone in un momento preciso della loro vita, con l’ambizione che queste storie possano essere di confronto con altri (spesso, ognuno di noi nasconde le sue emozioni e i momenti di difficoltà, sentendosi isolato quando invece siamo tutti soggetti a momenti delicati) e di essere materiale di riflessione e di conoscenza per gli storici e gli osservatori del futuro.

In questo contesto il fotografo, invece del lettino della psicoanalisi, offre una sedia ed, al posto del taccuino dove prendere spunti, è la macchina fotografica che coglie reazioni e sentimenti delle 15 persone che, nelle sedute svolte nell’arco di due mesi,  rispondono alla semplice domanda ”che periodo della tua vita stai attraversando in questo momento?”

Dove è dunque l’innovazione e dove la nuova proposta?

Ci torna alla mente una delle prime riflessioni sul rapporto tra arte e sviluppo dei nuovi mezzi tecnici fotografici e cinematografici, quella contenuta nel saggio, probabilmente, più noto di Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936): la tesi centrale del saggio ruota, infatti,  attorno all’idea che la decadenza dell’aura, intendendo con questo termine “l’hic et nunc” dell’opera d’arte, concetto associato all’unicità e all’autenticità, sia determinata dall’allora “nuova riproducibilità tecnica, introdotta grazie a mezzi come la fotografia e il cinema”, le quali non sarebbero più in grado di riprodurla, ma aprono, invece, alla possibilità di conferire all’arte una nuova valenza. Liberata, infatti,  dalla sua originaria collocazione nella sfera rituale, l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica cambia funzione e modalità di fruizione: essa non si offre più come oggetto di una contemplazione disinteressata, ma diviene disponibile per una fruizione di massa, facendosi “più vicina” e superando la tradizionale distanza ‘auratica’ appunto.

Ancora l’autore ci dice: “Qui e ora – Attraversando microcosmi” vuole restituire alle Persone la capacità di raccontarsi davanti ad un “testimone”, che non lo giudichi, ma che lo lasci esprimere in piena libertà, con il tasso di libertà di cui ognuno è capace o intende applicare. E vuole farlo non soffermandosi solo sull’immagine ‘retinica’ che il soggetto emana, ma dandogli la possibilità di approfondire la sua attuale situazione, cosa che spesso un solo ritratto non riesce a fare.”

Ed ecco la novità. In questa mostra, leggendo i testi e guardando le immagini presenti,  è come se, riconoscendo i diversi momenti della narrazione in cui sono state scattate le fotografie e venendo riportati entro quel contesto di ‘unicum’, si pone l’opera  in una nuova dimensione progettuale: sta a noi, spettatori di tutto questo, assumere l’onere di un ulteriore sguardo, quello del riverbero delle esperienze altrui, facendole nostre e condividendone dolori, dubbi e speranze.

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