Luglio 24
La marcia dei 40.000 che legittimò i Quadri

Chi tutela la specificità della categoria professionale dei Quadri italiani? I Quadri direttivi italiani trovano legittimità nel nostro ordinamento del lavoro con la legge 190/1985, che ha introdotto la categoria dei quadri intermedi nell’ordinamento italiano modificando l’art. 2095 del Codice Civile che ora recita che: “I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai. Le leggi speciali [e le norme corporative], in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie”. Quindi fino al 1985 non c’era traccia nel nostro ordinamento, tra i lavoratori subordinati, della categoria dei Quadri.
Eppure il Middle Management è una delle leve che le imprese in tutto il mondo usano per competere al meglio. I Quadri direttivi sono sempre più manager, di se stessi e di organizzazioni complesse, molte volte anche senza dirigenti di riferimento ma direttamente in collegamento con la proprietà dell’azienda. Sempre più spesso il direttore di un albergo, il direttore di un ipermercato, il capo della logistica e del sistema informatico aziendale sono Quadri, con percorsi di studi di tutta eccellenza e capacità di guida di team complessi. L’evoluzione di un ruolo, quello dei Quadri, che è sempre più strategico e che porta a ridefinire continuamente le competenze del middle manager alla luce delle profonde trasformazioni in atto negli assetti organizzativi delle imprese e dell’economia.
Con questa inchiesta INFOQUADRI vuole ricercare, riportare e informare della grande quantità di sigle, finti sindacati, sindacati che rappresentano altre categorie ma che voglio associare anche Quadri, veri sindacati e semplici associazioni di rappresentanza di interessi che in qualche modo hanno nella loro attività lo sviluppo, il sostegno e la rappresentanza della categoria dei Quadri direttivi italiani.
Un viaggio non facile, che mensilmente aggiorneremo e che vi anticiperemo anche con la nostra newsletter, in cui vedremo la lentezza di adeguamento dei contratti collettivi, la mancanza di attenzione sul dumping sociale che deriva da contratti collettivi con minimi retributivi inferiori a quelli indicati dalla ordinaria contrattazione collettiva (i cosiddetti contratti pirata) e la necessità, ormai inderogabile, di emanazione di una legge in merito alla rappresentatività sindacale.
La nostra inchiesta vuole essere un contributo per informare. Seguiteci!

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L’EDITORIALE DI LUGLIO/AGOSTO

Jobs Act: è ora di riformarlo

di Antonio Votino Direttore responsabile

Pezzo dopo pezzo la riforma del lavoro voluta dal dinamico presidente del consiglio Renzi non esiste più. Smontata dall’applicazione reale, falciato dalle sentenze dei tribunali, deludente nei risultati prodotti. Secondo i suoi sostenitori ha fatto crescere l’occupazione, secondo i suoi detrattori la precarietà. Il. tempo è ormai maturo, a quasi dieci anni dall’avvio della riforma che ha cambiato il mercato del lavoro, per una analisi, partendo dall’ultima sentenza della Corte Costituzionale, con le sentenze 128 e 129 del 2024, che hanno riscritto parte della disciplina del lavoro. A uscirne ulteriormente indebolito è l’impianto del contratto a tutele crescenti, ovvero il cuore pulsante del Jobs Act. Le differenze fra la normativa renziana e l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori vanno così assottigliandosi. Il quadro di riferimento tracciato dal Jobs Act era il diritto dei lavoratori assunti a tempo indeterminato e licenziati in maniera illegittima ad ottenere un risarcimento dall’importo crescente in base all’anzianità di servizio. Per questo a suo tempo venne utilizzata la dicitura di “tutele crescenti”……. continua la lettura dell’articolo.


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