Ottobre 24

Ripartire Ripartire: la politica (e i sindacati) alla prova dei fatti

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Ci sembra strano che si parli di normalità, sembra tutto sospeso, arriverà o non arriverà una nuova ondata? Il dibattito politico si è spostato ora sugli orari del coprifuoco ora sulle mascherine ora sulle previsioni dei virologi. Il tema del lavoro e del pericolo che questa pandemia lasci strascichi di crisi si parla poco ed il dibattito politico sembra molto asfittico. La pandemia ha cambiato stili di vita, costretto agli acquisti online, dato priorità alla sicurezza su tutto. La pressione psicologica sulle persone è cresciuta. La povertà avanza e crea emarginazione sociale anche dove c’era benessere. Le imprese che fanno della digitalizzazione il loro mercato primario e opportunità di ricatto per i governi con la delocalizzazione selvaggia li dove si può produrre a prezzi più bassi basano il loro modo di muoversi nella palude del lavoro nell’avidità che mercifica le persone riducendole a oggetti, da prendere e usare quandi serve, intermediate da un algoritmo. La lotta per il lavoro si sposta di nuovo sui diritti, su quelli fondamentali come la dignità e il giusto salario e su quelli digitali come la disconnessione (perché con lo smartworking lo straordinario sta scomparendo) e l’organizzazione del tempo. Lotta di poveri fra poveri, di chi sta meglio con chi sta peggio eppure di fianco a te, con la tua stessa scrivania, con la tua stessa divisa. La storia si ripete, e si ripetono gli atti estremi, come quelli di Adil Belakhdim, il sindacalista che ha perso la vita ad un picchetto di lavoratori della logistica davanti ad un magazzino della Lidl, morto, ucciso perché con il suo impegno combatteva da tempo il malaffare della logistica italiana, fatta di appalti e subappalti organizzati con un sistematico utilizzo di contratti interinali e di cooperative che anche se lavorano “per nome e per conto di” licenziano senza alcun timore di essere additati, di perdere la reputazione, tanto perderanno un cliente ma ne troveranno un altro ad un prezzo più basso calando ancora la paga a chi lavora per loro. In questo triste panorama che sembra dominato da uomini che si definiscono manager nei curriculum vitae ma che non hanno né etica professionale né fede a cui chiedere conforto ci si accontenta di orizzonti brevi anche nei contratti collettivi, purché si rinnovino, a costo zero, senza aumenti, magari con arzigogolati calcoli che compensano il mancato aumento della prestazione con un welfare di facciata e con strumenti compensativi per le spese odontoiatriche.

In una Repubblica democratica fondata sul lavoro, come ci ricorda la nostra Costituzione all’art.1 questa spinta ribassista sui diritti e sulla componente economica dei contratti collettivi rinforzerà il nostro già triste primato di contratti pirata fatti da parti datoriali e di rappresentanza dei lavoratori di comodo, rinforzerà i populismi piú beceri se la politica vera, fatta di contrattazione e di decisione nell’interesse di tutti, non riprenderà le redini del paese. Le tensioni sociali che si avvertono non lasciano più spazi a indecisioni e attese, occorre riconnettersi alla gente comune che soffre e che é in difficoltà, essere presenti negli spazi sociali, dibattere di lavoro che non c’é ma soprattutto di lavoro dignitoso che non dia spazio ad avventurieri ed ad imprese la cui regola é il profitto per il profitto. Le scelte politiche che devono essere prese, in questo momento storico e nello scenario di competizione senza regole, devono privilegiare il Popolo e gli Imprenditori che sono entrambi lavoratori legati dall’indissolubile vincolo del profitto sano, per la crescita e per la sostenibilità dell’impresa senza sacrificare diritti e dignità.

La democrazia non ha oggi nemici esterni ma tre grandi nemici che vengono dall’interno che sono l’assenza di politica, come sosteneva Tzvetan Todorov, l’ultraliberismo e il populismo. Anche se ciascun individuo é impotente di fronte all’enormità di queste sfide la provvidenza non decide il nostro destino e il futuro di tutti noi dipende dalla volontà degli uomini.