Aprile 24

Al diritto del lavoro serve un’uscita di scurezza

Gravi segnali, gravissimi, arrivano dai palazzi della politica. Un lunedì nero per il diritto del lavoro il 18 ottobre scorso, quasi alla mezzanotte, quando dalle commissioni VIII E IX della Camera è uscito il testo del provvedimento adottato sul passaggio da Alitalia a ITA. Grave che un governo in cui anche la sinistra, quella della difesa ad oltranza dei diritti dei lavoratori, abbia aggirato la norma di principio contenuta nell’articolo 2112 del codice civile, che è peraltro attuazione della direttiva comunitaria CE 23/2001. Non c’è bisogno di scomodare giuslavoristi per comprendere dalla lettura dell’articolo che si tratta di una norma fondamentale a tutela del lavoro e indirettamente delle relazioni sindacali: “In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario (…)”.

Per evitare tale obbligo il provvedimento ad hoc, il decreto in conversione, ritiene che il passaggio del ramo “aviation” da Alitalia a ITA non sia la vendita di un’azienda o di un ramo di azienda, ma di un bene aziendale. Questa stortura giuridica e di pensiero evita ad ITA di dare continuità ai contratti in essere con i lavoratori dipendenti Alitalia, aprendo la strada ad una trattativa diretta con ognuno dei dipendenti in condizioni di netta supremazia cosa che il legislatore (e il buon senso giuridico) vuole evitare in questi casi. La nuova società dal punto di vista legale è totalmente separata da Alitalia, per rispettare il requisito della discontinuità economica voluto dalla Commissione Ue quando ha autorizzato la nascita di ITA. Ma in pratica ITAè un pezzo di Alitalia: stessi aerei (52, metà della flotta), stessa livrea, stesse uniformi, stessi slot aeroportuali, stesse attrezzature, stessa sede (la palazzina Alfa di Fiumicino e la «Charlie» con i simulatori), ha persino comprato il marchio, per 90 milioni di euro, anche se al momento non lo usa.

Ritengo anche molto grave che questa decisione destrutturi la contrattazione sindacale cosa non possibile anche secondo le sentenze della Cassazione che sancisce che l’eliminazione di una trattativa sindacale può essere giustificata solo per condizioni migliorative e non in peggio, come è quella decisione su ITA, e che i trattamenti migliorativi ad uso aziendale derivino da una natura collettiva del contratto. Si crea un pericolosissimo precedente che destruttura decenni di relazioni sindacali, perché l’azienda, ancor più grave perché di proprietà pubblica, azzera il rapporto di lavoro pregresso e scegliere i lavoratori arbitrariamente, uno per uno, con chiamata diretta, potendo così imporre loro qualsiasi condizione economica o normativa ed il lavoratore risulta privato di qualsiasi tutela.

E in più il non dare continuità al rapporto di lavoro espone i piloti e gli altri dipendenti della compagnia che sono stati assunti da ITA a pagare il mancato preavviso nelle dimissioni, infatti gli ex di Alitalia assunti da ITA hanno ricevuto dall’ufficio del personale della vecchia società lettere con la richiesta di pagamento di somme pari ad alcune mensilità di stipendio, per il mancato preavviso nelle dimissioni. Secondo il sindacato NavAid ai piloti dimissionari, che sono stati assunti da ITA Italia Trasporto Aereo, l’amministrazione straordinaria chiede il pagamento entro 10 giorni di importi variabili da 17.000 euro a 32.000 euro e ben hanno fatto i lavoratori si sono rivolti agli avvocati e hanno inviato la diffida formale alla società perché non faccia trattenute né passi alle vie legali. «Se Alitalia tratterrà i soldi degli stipendi e quanto spetta ai lavoratori avvieremo cause contro l’amministrazione straordinaria», spiega Zorzo di NavAid. «Evidentemente Alitalia in amministrazione straordinaria. non considera soldi sperperati quelli spesi per i “consueti avvocati” che da decenni ricevono incarichi dall’azienda», fa notare NavAid. «È paradossale che un’azienda che chiude la sua attività operativa mettendo i piloti a terra, in cassa integrazione a zero ore, preludio al licenziamento, abbia anche il coraggio di chiedere il “mancato preavviso a chi ha perso il lavoro e rischia di perdere le licenze” solo perché ha dovuto accettare l’assunzione a condizioni capestro presso ITA».

Si consideri infine che il taglio degli stipendi che per i piloti arriva ad oltre il 50% delle buste paga precedenti in Alitalia. «Va ricordato come i piloti “fortunati” assunti da Ita e “selezionati comunque senza alcun criterio” – afferma NavAid – abbiano accettato, “obtorto collo”, condizioni economiche uniche nel panorama mondiale, con stipendi ridotti del 50% rispetto a quelli di Alitalia (…) ed abbiano dovuto accettare un regolamento aziendale che non solo è irrispettoso del Ccnl e delle leggi dello Stato, ma che prevede solo 7 riposi al mese di 24 ore ciascuno, e soli 6 giorni di ferie nel periodo maggio settembre, nonché soli 19 giorni di ferie annuali».

Secondo il senatore Gregorio De Falco agli emendamenti proposti dagli onorevoli Fassina e Timbro, che facevano salvi gli effetti dell’articolo 2112 c.c., i deputati del Pd e del M5s, che pure si erano espressi a favore di quelle norme che avrebbero reintrodotto la tutela del diritto del lavoro e del diritto sindacale, si sono astenuti, mentre Lega, Italia Viva e Forza Italia hanno votato contro e quindi gli emendamenti sono stati respinti. Dunque, il centrosinistra in Commissione alla Camera non ha avuto né il coraggio di votare apertamente contro il diritto sacrosanto dei lavoratori e per l’annichilimento delle relazioni sindacali, né tuttavia ha avuto la determinazione per impedire che il diritto del lavoro ed il diritto sindacale venissero calpestati.

Intanto, nella società Alitalia in liquidazione rimangono circa 5.750 persone, già in Cassa integrazione da anni. Ed è una integrazione speciale, perché “integrata” dal Fondo volo (finanziato con una tassa su ciascun biglietto aereo venduto in Italia), che consente di arrivare all’80 per cento effettivo dell’ultimo stipendio, senza il “tetto” di circa 1.200 euro mensili che si applica alla generalità dei lavoratori, ulteriore mostro giuridico visto che non potrà più dare alcun lavoro né al personale di volo né al personale amministrativo e che la società Alitalia in liquidazione continua invece a considerare i propri dipendenti “sospesi temporaneamente” dal lavoro e l’Inps continua ad attivare per loro la Cassa integrazione.
I lavoratori non sono tutti uguali, non lo sono i lavoratori passati da Alitalia a ITA, non lo sono i lavoratori Alitalia che non passeranno in ITA.