Luglio 24

Politiche attive: 4,9 miliardi per ricollocare chi perde il posto

Come già annunciato da Infoquadri in un post che riportava anche un commento del ministro Andrea Orlando (ecco il link urly.it/3f646) arrivano a settembre le idee progetto per il rilancio delle politiche attive, il governo ha deciso di investirci molto, anche perché si aspetta una seconda parte dell’anno difficile sul fronte posti di lavoro, finanziando l’intero pacchetto con la dote europea in arrivo con il PNRR. Le stime dello staff del Ministreo del Lavoro ci dicono che la platea a cui si dovrà guardare per l’applicazione delle nuove politiche attive è di 3 milioni di destinatari entro il 2025, di cui il 75% donne. Il pacchetto di interventi riguardano i lavoratori in Cassa integrazione guadagni (per prospettata cessazione, per accordo di ricollocazione, lavoratori autonomi con partita Iva chiusa) a cui si dovrebbero affiancare anche i beneficiari di Naspi e Dis-coll, del reddito di cittadinanza, i lavoratori fragili o vulnerabili (sono ammessi anche disabili, donne in condizioni di svantaggio, over55, adolescenti e giovani che nonstudiano o lavorano), i disoccupati senza sostegno al reddito, i cosiddetti working poor (che versano in condizione di precarietà).
La decisione finale è caduta sui “percorsi di sostegno alla ricollocazione“, nome che sa di revisione stalinista del mondo del lavoro ma che è efficace per comprendere cosa è previsto per questi ex lavoratori, si parte dallo status occupazionale e si distribuisce la platea in quattro percorsi di sostegno alla ricollocazione, più un quinto specifico per le crisi aziendali.
Il primo percorso è rivolto a coloro che sono da poco espulsi dal processo produttivo e più facilmente occupabili, per loro è previsto un «reinserimento lavorativo» con azioni che si concentrano nel far riprendere il percorso professionale e di carriera esaltando le competenze possedute che possono essere spendibili sul mercato.
Si procede poi con il secondo percorso che leggiamo dalla documentazione messaci a disposizione dal MinLav è denominato «di aggiornamento», con interventi formativi prevalentemente di breve durata e dal contenuto professionalizzante, con l’obiettivo di fornire il necessario adeguamento delle competenze.
Per le posizioni ormai fuori dall’evoluzione del mondo del lavoro e delle imprese per i quali c’è maggiore difficoltà di reinserimento in tempi brevi nel mercato del lavoro è previsto il terzo percorso, «di riqualificazione», in cui gli interventi sono rivolti ad una più specifica attività di formazione per avvicinare la persona in cerca di occupazione ai profili richiesti dal mercato.
Il quarto percorso è destinato ai casi complessi, si tratta di lavoratori molto poco istruiti e formati a processi di innovazione e per i quali si prevede di attivare una rete di servizi territoriali, come già avviene per il reddito di cittadinanza (e prima per il Rei), con una serie di attività definite di «lavoro ed inclusione» con la collaborazione con i servizi del territorio, quelli educativi, sociali, sanitari, di conciliazione.

Non è difficile prevedere che lo stanziamento di 4,9 miliardi, di per sé notevole e mai investito prima per questi fini, sarà terreno di battaglia per le spartizioni tra società di consulenza opportunamente abilitate o collegate a sindacati (molti hanno già attivato società che pescano tra i profili già inseriti stabilmente nei centri di formazione sindacale) generando tanti rivoli che potrebbero indebolire la solida struttura del progetto.

C’è poi il tema della gestione dei dirigenti (sempre di più) e dei Quadri direttivi che saranno espulsi dalle imprese aumentando la platea di ultra cinquantenni che dovranno ritrovare spazio in organizzazioni aziendali in cambiamento, sempre più piatte e fortemente digitalizzate. Su questo tema ci sarà da vigilare e stimolare affinché il tema della riqualificazione dei colletti bianchi diventi parte del progetto evitando il contentino di corsi di formazione e seminari che camuffano accompagnamenti alla pensione.