Luglio 24

Crediti con il datore di lavoro: prescritti dopo 5 anni dalla fine collaborazione

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Con la nota 1959 del 30 settembre 2022, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha rivisto il proprio orientamento sulla decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro alla luce della sentenza della Cassazione 26246 del 6 settembre 2022 e portando a cinque anni dalla cessazione del rapporto: è il termine entro il quale il lavoratore potrà vantare i propri crediti di lavoro nei confronti del datore di lavoro.
La Cassazione ha recentemente sentenziato in merito ad una vicenda processuale che il lavoratore, in virtù delle modifiche intervenute in tema di licenziamento illegittimo (legge 92/2012 e Dlgs 23/2015), non è assistito più da un regime di stabilità reale. Pertanto, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge 92/2012 (il 18 luglio 2012), il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli articoli 2948, n. 4 e 2935 del Codice civile, dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Fa eccezione a questo principio di diritto il pubblico impiego, per la sua particolare disciplina normativa, che ne assicura la stabilità e la garanzia di rimedi giurisdizionali contro la risoluzione del rapporto, tali da escludere che il lavoratore possa far valere i propri diritti per il timore di essere licenziato. Quindi, nel pubblico impiego il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro inizierà a decorrere in costanza di rapporto.
Con la nota richiamata l’Ispettorato è intervenuto per fornire al personale ispettivo una linea di condotta per considerare oggetto della diffida accertativa i crediti, che siano certi, liquidi ed esigibili, dei quali il dipendente sia titolare, tenuto conto che il termine iniziale di prescrizione inizierà a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Già precedentemente, nel 2021, l’Ispettorato aveva precisato che il personale ispettivo potrà considerare l’interruzione del termine biennale da parte del lavoratore con un atto di diffida stragiudiziale o con il ricorso giudiziario nei confronti del committente. In tal caso, conclude la nota, sarà possibile emettere la diffida accertativa per i crediti vantati dal lavoratore, purché non sia intervenuta la prescrizione quinquennale del credito dall’atto interruttivo della decadenza, fermo restando i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito e successivamanete, con altro atto, chiarito che il regime della responsabilità solidale incontra dei limiti.
Nel caso di una pluralità di soggetti utilizzatori, succedutisi nel tempo – ad esempio negli appalti di pulizie – sarà necessario definire con certezza sia il periodo di riferimento di ciascun appalto, sia l’esatto ammontare del credito maturato nel periodo di esecuzione, riproporzionandolo in base al numero di ore di impiego dei lavoratori nei rispettivi appalti.
In secondo luogo, la notifica della diffida dovrà rispettare il termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell’appalto, anche nei confronti del responsabile in solido. Nel caso di una notifica oltre i termini, il credito perderebbe il requisito del’esigibilità, con la conseguente caducazione del provvedimento.
Per approfondimenti: Cassazione, sentenza 26246/2022. Nota Isl 1107/2020. Nota Isl 441/2021

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