Luglio 24

Costo del lavoro: il 2022 segna ancora un anno nero

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Man Holding Two Coin Stacks To Compare

Il costo del lavoro per le aziende italiane diventa sempre più alto, per l’azienda cresce l’ammontare delle spese sostenute per remunerare i propri dipendenti, per i lavoratori al differenziale che non arriva in busta paga. Questo fenomeno economico proprio della tassazione sul lavoro si fa più pesante proprio per i lavoratori Quadri con uno stipendio mensile più elevato ed una anzienatità più lunga in azienda.

Una voce di spesa che incide notevolmente sui costi fissi dell’azienda in relazione proprio allo stipendio e che in bilancio si colloca nel conto economico alla voce Costi delle produzione. Il 2022, nostante le promesse ed untimido dibattito ha segnato ancora un aumento per il costo del lavoro. Vediamo ora insieme di capire insieme da quali voci è composto, come si calcola e il costo del lavoro in Italia.

Il primo elemento è rappresentato dalla RAL, cioè lo stipendio contrattato / offerto al lavoratore (Ral: Retribuzione Annua Lorda), a questa si sommano i contributi previdenziali e quelli assicurativi a carico del datore di lavoro (INPS e INAIL) previsti dalle normative, infine la terza voce è rappresentata da Trattamento di fine rapporto (TFR) e/o per quiescenza come anche a fondi di previdenza integrativa diversi dal TFR, sotto forma di accantonamenti. C’è poi una voce che è data dalle ferie non godute, permessi ed ex festività non goduti, a cui fa riferimento il contratto collettivo che indica anche la voce dell’assicurazione sanitaria e i costi di enti bilaterali.

Come ogni lavoratore dipendente sa la retribuzione annua lorda non è quindi quanto arriva in tasca al lavoratore, che prende di meno in visrtù dell’applicazione al lordo delle trattenute come Tasse e contributi previdenziali a carico del dipendente. Il datore di lavoro, che nei confronti dell’Inps e dell’Erario è considerato un sostituto d’imposta per conto del dipendente, effettua mensilmente delle trattute per le imposte dovute dal dipendente e le versa alle casse dello Stato.

Al valore lordo quindi per l’impresa si sommano anche i contributi previdenziali ed assicurativi  versati per garantire al dipendente la pensione futura (contributi INPS) e l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (contributi INAIL), oltre a concorrere a finanziare strumenti quali la NASPI, gli ammortizzatori sociali, le prestazioni di malattia e maternità. Il calcolo dell’importo è abbastanza complesso ed è influenzato dall’attività svolta dal datore di lavoro, al numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro e alla qualifica legale del dipendente (operaio, impiegato, Quadro) .

Il cuneo fiscale rappresenta la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro per il dipendente e il valore netto della retribuzione, una differenza che si incrementa all’incrementarsi del valore della retribuzione e delle imposte. In Italia nel 2021 la percentuale che indica il differenziale tra costo aziendale e valore netto della retribuzione è stato pari al 46,5%, tra i più alti nel mondo industrializzato.

Guardando all sola Europa, nel 2020, secondo i dati forniti da Eurostat, i costi orari del lavoro più elevati tra gli Stati membri sono stati registrati in Lussemburgo (47,7 euro), Danimarca (45,7) e Belgio (40,5), e i più bassi in Bulgaria (6,6), Romania (8,2) e Ungheria (9,8). L’Italia a circa 29 euro è in linea con la media Ue. Più basso è il livello della Spagna (circa 25 euro), mentre Bulgaria, Romania e Ungheria sono sulla parte bassa della classifica con un costo del lavoro poco più alto di 10 euro.

I dati europei si riferiscono ai dipendenti a tempo pieno e a tempo parziale che operano in imprese con più di 10 dipendenti, in tutti i settori economici ad eccezione di: agricoltura, silvicoltura e pesca, pubblica amministrazione e difesa, sicurezza sociale.

Intanto nel secondo trimestre del 2022 il costo orario del lavoro è aumentato del 4% nell’area dell’euro e del 4,4% nell’Ue, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Sotto la media Ue, sempre per Eurostat, l’Italia che vede una crescita del 3%. Nell’area dell’euro, salari e stipendi per ora lavorata sono aumentati del 4,1%, mentre la componente non salariale è aumentata del 3,8%.

Per questo il taglio del cuneo fiscale è sempre al centro di dibattiti tra lavoratori e imprese e allo studio dei vari governi che vorrebbero abbassare i costi che gravano su impresa e aumentare i benefici per i lavoratori anche per riequlibrare la disponibilità di spesa effettuva delle famiglie italiane già pesantemente gravata da una inflazione a due cifre.

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