Luglio 24

Orario di lavoro: come funziona la settimana corta

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La settimana corta non è più solo teoria ma una concreta opzione da prendere in considerazione durante la pianificazione del lavoro dei dipendenti, specialmente dopo il successo ottenuto dall’esperimento nel Regno Unito, durato ben 6 mesi, ne abbiamo già scritto qui. Le aziende inglesi hanno, infatti, notato un aumento della produttività e anche maggiore interesse da parte dei potenziali dipendenti, mentre i lavoratori hanno confermato che questo nuovo modello ha migliorato nettamente la qualità di vita, riducendo lo stress psicofisico e le dimissioni.
Persistono resistenze e preoccupazioni su alcuni fattori nelle aziende italiane e la recente diversità di vedute tra il management di Banca Intesa e ABI (Associazione Bancaria Italiana) ha portato la banca ad intraprendere una autonoma iniziativa verso i suoi dipendenti. Le preoccupazione che sono anche riportate da alcune fonti sindacali sono relative all’ulteriore pressione per i lavoratori a causa di un carico di lavoro giornaliero più elevato e la necessità di essere disponibili per i clienti durante tutto l’orario di lavoro standard nonché la pervasività di alcuni sistemi aziendali che di fatto lasciano online il lavoratore sempre.
Ecco entrare nel dibattito della settimana corta la notizia che alcune aziende hanno adottato un modello di riduzione del lavoro alternativo su base bisettimanale che vede 9 giorni di lavoro e 5 liberi: alternando una settimana standard e una corta. Il nuovo modello di riduzione del carico di lavoro su base bisettimanale è molto interessante in quanto vede l’alternarsi di una settimana di lavoro standard (5 giorni) e una settimana corta (4 giorni), ciò vuol dire che su 14 giorni, 9 sono giorni lavorativi e 5 sono giorni liberi.
Ogni due settimane, i dipendenti avrebbero quindi un giorno libero in più, spesso un venerdì. Per far ciò alcune aziende hanno chiesto ai dipendenti di lavorare ore in più durante gli altri giorni – in modo da “spalmare” un giorno lavorativo sugli altri quattro – mentre altre non ne vedono la necessità fintantoché i livelli di produttività rimangono gli stessi.
Esempi: Otta, una tech company, sta attualmente sperimentando questo modello di lavoro, con l’idea che nel caso in cui questo modello dovesse aver successo si potrebbe prendere in considerazione l’opzione di adottare definitivamente la settimana corta. Questo modello bisettimanale, quindi, oltre a essere un’alternativa potrebbe rappresentare una fase di passaggio e ponte dalla settimana standard a quella corta.
I sindacati che spingono nella direzione della sperimentazione, definiscono interessanti risultati sia per le aziende che per i lavoratori e il confronto tra parti sociali va nella stessa direzione. “E’ tempo di regolare il lavoro soprattutto nel settore manifatturiero in modo più sostenibile, libero e produttivo”: dice Roberto Benaglia, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl. “I salti tecnologici ed organizzativi che la digitalizzazione e il lavoro per obiettivi stanno avvenendo in tante aziende metalmeccaniche ci devono spronare a gettare il cuore oltre l’ostacolo. E’ possibile ripensare gli orari aziendali e ridurli non contro la competitività aziendale ma ricercando nuovi equilibri e migliori risultati”.
Già lo scorso anno, Fim Cisl nel proprio congresso a Torino incentrato sulla definizione di “lavoro giusto” aveva proposto di negoziare, soprattutto a livello aziendale, una forma di lavoro fatta di 4 parti di attività piena e 1/5 di riduzione d’orario che possa essere dedicata anche a formazione o ai carichi di cura. Non si tratta di ridurre gli orari in modo generico come nel secolo scorso ma di rendere il lavoro maggiormente sostenibile e flessibile verso i bisogni delle persone significa rendere i posti di lavoro più attrattivi, in una epoca dove tanti lavoratori, soprattutto giovani di talento, stanno cambiando posto di lavoro e le competenze si muovono nel mercato del lavoro. Il sindacato deve tornare ad elaborare sfide vincenti e innovative in tema di organizzazione del lavoro per contrattare e creare un lavoro produttivo ma maggiormente sostenibile, anche per una popolazione lavorativa sempre più anziana ed esperta”.
A fine gennaio, anche Maurizio Landini si era espresso a favore. “Nel congresso ne discuteremo. Io penso che la settimana lavorativa corta sia uno degli obiettivi strategici del sindacato Italiano e non solo”, aveva detto il segretario generale della Cgil. “Credo che accanto ad un aumento dei salari e alla riduzione della precarietà si debba porre anche il tema della settimana lavorativa su quattro giorni. A questo poi va aggiunto il diritto alla formazione permanente lungo tutto l’arco della vita lavorativa. Dentro l’orario di lavoro io devo essere pagato perché studi e perché mi aggiorni”, ha concluso Landini.

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