Per i Quadri il futuro è sempre più previdenza integrativa

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La revisione delle tabelle sulla durata di vita e le scelte fiscali sui redditi medio alti stanno creando per i Quadri direttivi un futuro dove, tra pressione fiscale e differenza tra stipendio e pensione in termini di potere d’acquisto effettivo, si intravede la inderogabilità di un pilastro economico aggiuntivo alla pensione. I Quadri che percepiscono un reddito sostanzioso vogliono solitamente versano di più contributi nella cassa pensioni, solo così riescono a risparmiare sulle imposte e a migliorare le loro prestazioni previdenziali. Non è infrequente che le imprese offrono ai dipendenti che esercitano funzioni apicali piani concepiti appositamente per i Quadri, grazie ai quali si ottengono migliori possibilità di risparmio e un potenziale di riscatto più elevate anche con soluzioni che danno la possibilità di scegliere autonomamente la strategia d’investimento.
Dei vantaggi per i Quadri della previdenza complementare abbiamo già scritto in questo articolo

L’adesione a una forma di previdenza complementare, e in particolar modo al fondo pensione negoziale di Settore (se il CCNL lo prevede), sta diventando una scelta irrinunciabile se si desidera pianificare in maniera adeguata il proprio futuro pensionistico.
Le ragioni sono diverse e tutte concatenate tra loro, a partire da un fenomeno demografico che riguarda l’Europa in generale e l’Italia in particolare: l’invecchiamento della popolazione. La struttura per età della popolazione fortemente squilibrata a favore della componente anziana con una età media passata da 45,9 a 46,2 anni negli utlimi due anni.
Nel 2023, infatti, per ogni bambino si contano 5,4 anziani a livello nazionale (erano 5,1 nel 2020 e appena 3,8 nel 2011).
Seconda ragione è che i neo Quadri avranno solo un sistema di calcolo della pensione, il contributivo. termine della carriera, con un assegno pensionistico che riduce di poco il tenore di vita del pensionato, dal momento che si presume che il termine della carriera lavorativa coincida con la fase in cui il reddito è più elevato per questioni di esperienza e anzianità. Questo sistema, però, non sarà più in vita con l’invecchiamento della componente dei Quadri che sarà sostituita da Quadri iscritti all’INPS dopo il 31 gennaio 1995, per i quali non è più utilizzato, mentre per gli iscritti prima di quella data è in vigore una fase di transizione.
I nuovi Quadri iscritti all’INPS dal 1° gennaio 1996 si applica il nuovo sistema contributivo, che considera tutti i contributi versati dal soggetto nel corso della sua vita lavorativa, dunque non si basa sulle ultime retribuzioni, che come abbiamo visto sono tipicamente le più elevate della carriera.
A parità di condizioni, cioè anni lavorativi e reddito percepito, la pensione contributiva risulterà inferiore a quella retributiva. In caso poi di “buchi contributivi”, dovuti ad esempio a momenti di inoccupazione o part-time involontario, l’assegno risulterà ancora più basso.
Il terzo fattore è il tasso di sostituzione della previdenza obbligatoria che è il rapporto, misurato in termini percentuali, tra l’ultimo stipendio percepito prima del pensionamento e il primo assegno pensionistico, un Quadro che si trovi oggi, dopo la nomina, a valutare il sistema previdenziale integrativo deve sapere che questo indicatore scenderà in maniera significativa nel corso dei prossimi anni essendo i sistemi di calcolo previsti dall’ultima riforma stati strutturati per assegnare una pensione molto più bassa rapportata all’ultimo stipendio rispetto al passato.

Solo in un sistema previdenziale sano funziona anche la previdenza complementare, perché è nella parola stessa “complementare” che sta il futuro delle nostre pensioni. Non una pensione sostitutiva ma che sostenga il reddito del pensionato garantendogli un tenore di vita il più vicino possibile a quello avuto in fase attiva, considerando anche che oggi i figli tendono a rimanere più a lungo in casa e che le spese sanitarie saranno sempre più alte. Oggi INPS ha dentro il suo enorme volume di denaro in uscita sia le pensioni che l’assistenza, il dibattito sull’opportunità di separare queste due competenze del nostro istituto previdenziale è completamente assente nella politica italiana, il sogno delle uscite anticipate a pioggia, propagandato in più di una campagna elettorale, ha lasciato il campo a un duro risveglio: non solo la legge Fornero è viva e vegeta ma il governo, piuttosto che mandare a riposo anzitempo i lavoratori, farà di tutto per trattenerli in servizio oltre i limiti dell’età pensionabile. Nulla serve far notare (fonte Inps Rapporto annuale 2024) che l’età effettiva di uscita dal lavoro è di 64,2 anni, la più alta d’Europa, che la nostra età ufficiale di 67 anni è la più alta del mondo occidentale.
Più tardi e con meno euro, questo è il futuro che aspetta i Quadri italiani.